It-Wallet: l’idea del portafoglio digitale è stata rubata a una startup? «Speravamo lo Stato volesse collaborare»


Nella versione data dall’azienda Lavel App, la PA avrebbe violato un brevetto ottenuto nel 2018 per una piattaforma di custodia online dei documenti

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Manca poco più di un mese al lancio di It-Wallet e attorno alla piattaforma scoppia un caso di presunta violazione di proprietà intellettuale. «A Bruxelles abbiamo depositato il brevetto come standard, in modo che chiunque faccia qualcosa di simile si deve scontrare con il nostro. Speravamo che lo Stato volesse collaborare, invece nulla. Aspetteremo fino a gennaio, poi, se non si muove nulla, dovremo fare qualcosa».

In un’intervista al Corriere della Sera l’azienda Lavel App – composta da Achille Pievani, Luca Vegini, Gabriele Lavelli e Lorenzo Muratori – ha accusato la Pubblica amministrazione di non aver rispettato la proprietà intellettuale della propria invenzione, depositata come brevetto in Italia nel 2018.

Cos’è l’It-Wallet

Come spiega l’Agid, «è un sistema che razionalizza e migliora l’identità digitale e l’accesso a documenti e servizi pubblici in Italia, come, per esempio, la patente di guida, la tessera sanitaria o la carta europea della disabilità, che saranno disponibili in formato digitale e sempre a portata di smartphone, in un formato sicuro e facilmente accessibile».

Si tratta di un portafoglio digitale in cui organizzare tutti i propri documenti essenziali e rappresenta un percorso di digitalizzazione a sostegno della cittadinanza. Come abbiamo spiegato il progetto al momento coinvolge poche decine di migliaia di persone, ma da inizio dicembre sarà disponibile per chiunque.

It-Wallet, a chi è venuta prima l’idea?

Nella versione data dall’azienda, i fondatori spiegano che l’idea di un sistema simile è nata nel 2015. Rispetto al brevetto, dicono, «nel 2018 ci è stato concesso quello italiano e poi, superato il Covid, nel 2022 quelli internazionali in Europa e Cina. Per gli Stati Uniti ci siamo fermati: per mantenerlo servono 10 mila euro, e già paghiamo dai 15 ai 20 mila l’anno per gli altri due».

Hanno spiegato che subito dopo aver depositato il brevetto hanno cercato di incontrare vari enti pubblici per proporre l’idea di un portafoglio digitale. «Ma abbiamo capito che si erano spaventati perché anche loro avevano in preparazione qualcosa di simile», hanno dichiarato. La faccenda andrà comunque chiarita, dimostrando se effettivamente la piattaforma della PA violi il loro brevetto. A poco più di un mese dal lancio del prodotto a cui si accederà tramite l’app IO, come potrebbe finire la questione? Commentano così: «In qualsiasi modo si rischia di finire in tribunale».

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