ChatGPT, perché il Garante della Privacy è allarmato dalla volontà di GEDI di far cassa con gli archivi di Stampa e Repubblica


Si fa tutta in salita la strada dell’accordo tra il gruppo editoriale che fa capo a Exor e la software house di Sam Altman. L’Autorità che tutela la riservatezza è inquieta perché le attività di trattamento «Sono destinate a coinvolgere un grande volume di dati personali, anche di natura particolare e di carattere giudiziario»

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Il 26 settembre scorso, a stretto giro da un comunicato stampa dai toni entusiastici col quale il Gruppo GEDI faceva sapere di aver stretto un accordo con OpenAI per lo sfruttamento del proprio sterminato archivio (è l’editorie della testata torinese La Stampa e della capitolina Repubblica) per addestrare ChatGPT, il Garante della Privacy aveva fatto sapere che avrebbe vigilato sui contenuti del patto, che peraltro era stato siglato anche con RCS (Corriere della Sera). Tre mesi dopo o poco più l’Autorità posta a tutela dei dati personali torna sulla questione con un avvertimento indirizzato esclusivamente a GEDI.

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L’avvertimento del Garante a GEDI

Dopo lo sciopero dei giornalisti di Repubblica proprio nei giorni dell’evento dedicato all’innovazione Italian Tech Week con accuse molto gravi e pesanti mosse dalla redazione fondata da Eugenio Scalfari alla società editoriale che faceva capo a John Elkann (a inizio ottobre John Elkann ha poi lasciato la presidenza del gruppo Gedi, mantenendo comunque il ruolo di azionista attraverso Exor) e l’improvviso addio di Riccardo Luna che dirigeva Italian Tech e Green&Blue, due dei verticali di maggior successo dell’offerta editoriale capitolina, sembra insomma aprirsi un nuovo fronte per l’editore, questa volta con il Garante della Privacy.

«Gli archivi digitali dei giornali conservano le storie di milioni di persone, con informazioni, dettagli, dati personali anche estremamente delicati che non possono essere licenziati in uso a terzi per addestrare l’intelligenza artificiale, senza le dovute cautele», l’altoltà della Autorità di garanzia indirizzato a GEDI.

«Se il Gruppo Gedi – prosegue il Garante della Privacy -, in forza dell’accordo firmato lo scorso 24 settembre con OpenAI, comunicasse a quest’ultima i dati personali contenuti nel proprio archivio, potrebbe violare le disposizioni del Regolamento Ue, con tutte le conseguenze anche di carattere sanzionatorio previste dalla normativa.»

Inoltre, evidenzia l’Autorità «le attività di trattamento sono destinate a coinvolgere un grande volume di dati personali, anche di natura particolare e di carattere giudiziario, e che la valutazione d’impatto, svolta dalla società e trasmessa al Garante, non analizzi sufficientemente la base giuridica in forza della quale l’editore potrebbe cedere o licenziare in uso a terzi i dati personali presenti nel proprio archivio a OpenAI, perché li tratti per addestrare i propri algoritmi». Sottolineando altresì come «non appaiano sufficientemente adempiuti gli obblighi informativi e di trasparenza nei confronti degli interessati e che GEDI non sia nelle condizioni di garantire a questi ultimi i diritti loro spettanti ai sensi della disciplina europea sulla privacy, in particolare il diritto di opposizione».

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